Inferno

Amor, ch’ al cor gentil ratto s’apprende, prese costui de la bella persona che mi fu tolta; e il modo ancor m’offende… Amor, ch’al nullo amato amar perdona, mi prese costui piacer sì forte, che, come vedi, ancor non m’abbandona…

Dante e Virgilio arrivano all’Acheronte, il primo fiume infernale, e vengono traghettati da Caronte, dopo un’iniziale resistenza a trasportare Dante, poiché ancora vivo. Virgilio però spiega che 

“Vuolsi così colà dove si puote ciò che si vuole e più non dimandare”.

La Commedia inizia portandoci direttamente nel cuore della vicenda: Dante si perde in una “selva oscura”, che rappresenta allegoricamente il peccato. Scorto un colle illuminato dal sole (la salvezza illuminata da Dio), cerca di salirlo per sfuggire alla paura del luogo, ma viene fermato da tre fiere (un leone, una lonza e una lupa, che rappresentano tre dei sette peccati capitali, la superbia, la lussuria e la cupidigia) che lo ricacciano nell’oscurità della selva e quindi del peccato.

Un’anima appare: è il poeta Virgilio, rappresentazione allegorica della razionalità e della filosofia, che invita Dante a compiere un altro viaggio, nell’oltretomba, per sfuggire alla furia delle fiere. 

Ma prima di iniziare il cammino, Dante è preoccupato di non esserne all’altezza; Virgilio spiega che è stata Beatrice stessa, la sua donna amata, a dirgli di andare da Dante. Maria, ha visto la sua condizione (Grazia preveniente) e ha sollecitato Santa Lucia (Grazia illuminante), che a sua volta si è recata da Beatrice (Grazia operante). A questo punto Dante decide di intraprendere con consapevolezza il viaggio.

“Per me si va ne la città dolente,

per me si va ne l’etterno dolore,

per me si va tra la perduta gente. 

Giustizia mosse il mio alto fattore;

fecemi la divina podestate,

la somma sapïenza e ’l primo amore. 

Dinanzi a me non fuor cose create

se non etterne, e io etterna duro.

Lasciate ogne speranza, voi ch’intrate”.

Superato l’ingresso dell’Inferno, Dante e Virgilio arrivano all’Acheronte, il primo fiume infernale, e vengono traghettati da Caronte, dopo un’iniziale resistenza a trasportare Dante, poiché ancora vivo. Virgilio però spiega che 

“Vuolsi così colà dove si puote ciò che si vuole e più non dimandare”.

Dante così, si ritrova nel Limbo, ossia nella zona dell’Inferno dedicata a chi non ha ricevuto il Battesimo “ch’è porta de la fede che tu credi” e che non ha colpe, se non questa. Si trovano qui gli spiriti magni del passato, tra cui Omero, Orazio, Ovidio, Lucano. Al centro del Limbo sta un nobile castello, forse rappresentazione della sapienza. Separatasi dal gruppo, Dante e Virgilio giungono in una zona in cui non c’è più luce (segno della mancanza totale di Dio).

Il secondo cerchio, dove sono puniti i lussuriosi 

“I peccator carnali, che la ragion sottomettono al talento”, 

è custodito da Minosse, che ha il compito di stabilire, grazie alla sua lunga coda, quale sia il cerchio cui ogni anima è destinata, la più bassa in base al più grave dei suoi peccati. Dante chiede di parlare con Francesca da Rimini e Paolo.

Al termine, Dante sviene e al suo risveglio è nel terzo cerchio, dove sotto una pioggia continua di grandine, neve e acqua sporca sono puniti i golosi, ulteriormente tormentati da Cerbero (Virgilio lo placa gettandogli una manciata di terra: la gola è un peccato che può essere combattuto con estrema facilità dalla ragione). Dante incontra Ciacco, cui pone alcune domande sul destino di Firenze e da cui riceve una profezia sulla città. 

Nel quarto cerchio, con guardiano Pluto, sono puniti avari e prodighi, costretti a spingere grossi massi col petto e a rinfacciarsi a vicenda il proprio peccato. Scesi nel quinto cerchio, Dante e Virgilio arrivano alla palude Stigia, in cui sono immersi gli iracondi. Vengono trasportati dalla barca di Flegiàs, il secondo traghettatore infernale. 

Arrivati alla città di Dite (uno dei nomi di Lucifero), i diavoli che la proteggono cercano di impedire l’accesso alla zona più bassa dell’Inferno; a nulla valgono le parole del poeta latino. Sulle mura appaiono inoltre le tre Furie (Megera, Aletto e Tisifone), che invocano l’arrivo di Medusa che possa, con la sola potenza del suo sguardo, pietrificare Dante, ch’è ancora vivo; giunge però un messo celeste, che ricorda alle creature infernali che non ci si può opporre al volere divino. Allegoricamente, la razionalità è in grado di comprendere il male, ma solo Dio e la grazia divina possono aiutarci a superarlo.

Il sesto cerchio sembra un cimitero; vi sono puniti gli Eretici, tra cui Cavalcante de’ Cavalcanti (padre di Guido Cavalcanti) e Farinata degli Uberti, (in vita nemico politico di dante, perché ghibellino, mentre Dante era dei guelfi bianchi) che durante il colloquio espone una nuova profezia a Dante.

Giungono al settimo cerchio, presso il Flagetonte, fiume di sangue bollente in cui sono immersi i violenti contro il prossimo, custoditi dai centauri. Entrano quindi nella valle dei suicidi, che, avendo rinunciato alla propria vita, sono ora trasformati in alberi a cui è appeso il loro corpo. Dante colloquia con Pier delle Vigne, in vita consigliere fidato di Federico II, ma calunniato dagli uomini vicini all’imperatore e gelosi della sua posizione, si tolse la vita.

L’ottavo cerchio è diviso in dieci piccole bolge concentriche; ogni bolgia accoglie un determinato tipo di peccatori.

La prima bolgia raccoglie ruffiani e seduttori; la seconda punisce nello sterco gli adulatori. Nella terza sono conficcati nel terreno, con le piante dei piedi che bruciano, i simoniaci. 

Nella quarta bolgia gli indovini sono costretti a camminare con la testa rivolta all’indietro, per aver voluto in vita vedere troppo avanti. Nella quinta, i barattieri sono immersi nella pece bollente e torturati dai diavoli. 

Nella bolgia successiva, in cui sono puniti gli ipocriti, costretti a camminare sotto un pesante mantello di piombo rivestito d’oro. 

Nell’ottava bolgia, i consiglieri fraudolenti sono punti all’interno di fiamme: Dante nota una fiamma a due lingue di fuoco, in cui sono avvolti Ulisse e Diomede. Dante ascolta Ulisse, che racconta la sua drammatica vicenda. 

Nella nona bolgia sono puniti tramite mutilazioni i seminatori di discordia; nella decima bolgia, infine, i poeti vedono e incontrano i falsatori di metalli, di persona, di moneta e di parola. 

Alla fine delle bolge, i giganti incatenati prendono i due poeti e li depositano sul fondo del pozzo, nel nono cerchio, quello dei traditori. Diviso in quattro sezioni: Caina, Antenora, Tolomea e Giudecca. Il conte Ugolino, che rode il cranio dell’arcivescovo Ruggieri, racconta la sua triste vicenda. 

Alla fine del viaggio, Dante incontra Lucifero in persona, il male assoluto; qui, Virgilio spiega l’origine di Lucifero e dell’Inferno, quindi si aggrappa a lui e tramite la natural burella percorre il tragitto tra il centro della Terra e il Purgatorio, fino a uscire a “riveder le stelle”.

La messa in scena de “L’Inferno” di Dante ad opera della compagnia Liberaimago, ha uno stile molto contemporaneo; non ci sono scenografie convenzionali, ma proiezioni video e immagini, illustrazioni animate che accompagnano il pubblico in ogni cerchio. Il testo resta molto fedele ai versi e al “pluristilismo” (molti studiosi hanno così definito il linguaggio della Commedia), con inserti di prosa inediti e volti ad una migliore comprensione e ad una spiegazione esaustiva di ciò che accade al poeta fiorentino di cerchio in cerchio; non è stato possibile infatti, inscenare e rappresentare i trentaquattro canti che compongono la prima delle tre Cantiche, così l’autore ha “selezionato” i canti più suggestivi, i personaggi più significativi e i momenti più toccanti dell’opera. 

Alla prosa e alla poesia, magistralmente interpretate da un gruppo di attori professionisti, è affiancato un corpo di ballo che mediante tecniche di danza contemporanea e movimenti coreografici definiti, interpreta alla perfezione il passaggio di ogni cerchio, e dà un apporto completo e unico a questa messa in scena. 

Per l’epilogo di questo viaggio infernale, però, ciò che vedranno i giovani spettatori, non è Lucifero nella sua mostruosità, ma un video, in cui sono proiettate delle immagini delle principali tragedie della storia causate dalla mano dell’uomo; dalle guerre (La Grande Guerra e la II Guerra Mondiale), alla fame nel mondo, la violenza di genere, l’abuso sui minori, i dittatori e i campi di concentramento, alle tragedie “moderne” quali l’immigrazione, disastri naturali di origine dolosa e altre tristi storie di cui l’uomo sa rendersi amaramente protagonista.

Ma Dante però conclude questa prima cantica con un verso pregno di speranza, con un verso che punta lo sguardo verso l’alto, fino a uscire a “riveder le stelle”.

La scelta, infine, di raccontare un’opera tanto complessa e affascinante è sempre difficile, com’è difficile dover ridurre i meravigliosi versi del poeta. Se ciò è stato fatto, è per dare al pubblico giovane l’opportunità di cogliere soprattutto il significato profondo di ogni incontro, di ogni parola o dialogo, del viaggio di Dante che altro non è che il viaggio di tutti noi.

Con Roberto Ingenito, Francesca Borriero, Claudio Boschi, Michele Iazzetta, Emanuela Urga, Federica di Benedetto,Francesco Luongo.

13/09/2021